Feed aggregator
Aqueous-phase synthesis of benzyl ester over partially thiolated Au25 nanocluster catalysts: improving selectivity with a hydrophobic carbon support
DOI: 10.1039/D5GC01292A, PaperKosuke Sakamoto, Koki Chida, Shinya Masuda, Takeharu Yoshii, Hirotomo Nishihara, Tatsuya Tsukuda
This research has revealed the role of the carbon support in increasing the ester yield in the alcohol oxidation reaction catalyzed by Au25 nanoclusters in water.
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Transition metal/photocatalyst-free synthesis of geminal diamines via a sandwich-like photoactive donor–acceptor–donor complex
DOI: 10.1039/D5GC00426H, PaperZiyi Xu, Ziyang Chen, Shuyang Liu, Jian Gao, Jinglan Lei, Min Li, Yongqiang Zhang, Ziyu Gan, Limei Yu, Shu-Xin Liu, Yunhe Jin
A transition metal/photocatalyst-free access to geminal diamines is realized conveniently through an unusual sandwich-like ternary donor–acceptor–donor complex resulting from π–π stacking and base action.
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Synchronously reconfiguring closed pore and interlayer spacing of wood-derived hard carbon via hot-pressing for advanced sodium-ion batteries
DOI: 10.1039/D5GC00409H, PaperYangyang Chen, Yu Liao, Yiding Ding, Ying Wu, Lei Li, Sha Luo, Yan Qing, Zhihan Li, Zhen Zhang, Yiqiang Wu
The hot-press densification strategy refines the microstructure of carbonized wood fibers, boosting sodium-ion battery performance by promoting cellulose recrystallization, and closed-pore formation for high capacity and superior rate performance.
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Engineering low-carbon fiber cement with biochar: Understanding its physicochemical properties and their impact on the composite performance and carbon footprint
DOI: 10.1039/D5GC01405K, Paper


Wood derived biochar as a low – carbon supplementary cementitious material (SCM) for fiber cement (FC) – curbing CO2 emissions whilst enhancing rheo-mechanical properties. To address United Nations sustainable development...
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Hydrogenation-Induced Selective Degradation of PET Wastes
DOI: 10.1039/D5GC02071A, PaperBeibei Tan, Ming Lv, Xiaotian Qi, Zhiliang Huang
Polyethylene terephthalate (PET) is a ubiquitous and versatile thermoplastic polymer that has a wide range of applications in daily life. However, like other synthetic plastics, the massive production and accumulation...
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Triazine-cored donor–acceptor covalent organic framework promotes highly efficient photocatalytic synthesis of H2O2
DOI: 10.1039/D5GC01754H, PaperLihua Li, Xin Yao, Weizhi Ou, Jing Chai, Ru Ma, Chenglong Ran, Anzhi Ma, Xiaojun Shi, Pifeng Wei, Hong Dong, Hongpeng Zhou, Wenbing Yang, Hai-Chao Hu, Jian-Feng Wu, Hui Peng, Guofu Ma
A D–A COF (TPB–TPT-COF) with triazine groups enabled photocatalytic H2O2 production at 6740 μmol g−1 h−1 without sacrificial agents. DFT and experiments show its D–A structure boosts carrier separation and transport for enhanced performance.
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Dried urine spot as a stable, green, and practical microsampling tool in clinical practice for quantification of neopterin and creatinine
DOI: 10.1039/D5GC00956A, Paper


Dried urine spot (DUS) is demonstrated to be a useful microsampling technique for neopterin and creatinine analysis.
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L’aroma del riso.
Claudio Della Volpe
Il riso viene prodotto in tutto il mondo in ragione di poco meno di mezzo miliardo di tonnellate all’anno, ed è il cibo più comune al mondo.
Eppure ditemi voi quanti hanno sentito parlare dell’aroma del riso; intendo qui da noi.
Noi italiani non siamo, dopo tutto, grandi consumatori di riso; fra i produttori l’Italia si trova al 31° posto al mondo, preceduta da altri paesi dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa, confermandosi però al primo posto assoluto in Europa: tra gli altri paesi europei compaiono in 39° posizione la Spagna e in 61° posizione la Grecia. Come consumatori invece siamo a 6kg/procapite (contro per esempio i quasi 30 di pasta); per capirci la media mondiale è rimasta stabile intorno ai 53.9 kg dal 2000, con picchi di oltre 100kg/pro capite in alcuni paesi del sud est asiatico.
Insomma importanti nel contesto europeo, ma piccoli sul piano mondiale; il che spiega perché dopo tutto parlare di aroma del riso non è banale, mentre ci crediamo grandi esperti per via della tradizione del risotto.
Questo post nasce come spesso accade da una esperienza familiare; mi alzo la mattina e sento un odore di pop-corn, provenire dalla cucina; mi avvicino speranzoso, ma trovo una pentolina ormai spenta con del riso nero integrale già cotto, che sta raffreddandosi; mia moglie, che è la cuoca di casa, per evitare il caldo cucina sul presto ed oggi ha deciso di fare una insalata di riso nero integrale, prodotto al 100% in Italia.
L’odore è quello del pop-corn ma la realtà è diversa.
La cosa mi incuriosisce dato non è la prima volta che lo sento, ma stavolta non demordo finche non trovo la ragione, che sta in un lavoro pubblicato ormai oltre 40 anni fa, ed è la molecolina qui sotto:

2-acetil-1-pirrolina o 2-AP
(ATTENZIONE: la pirrolina NON è un composto aromatico* come invece il pirrolo )
Fate caso al titolo del lavoro citato nelle note: “cooked rice”, non si tratta di un aroma del riso al naturale ma di un aroma del riso DOPO averlo cucinato, come dopo tutto succede col pop-corn.
L’anello pirrolinico rende il composto altamente instabile. È il principale composto aromatico e gustativo presente nel riso profumato e responsabile dell’aroma “popcorn” nei prodotti alimentari. Ha una soglia di odore molto bassa (0,1 μg kg-1 ) in acqua e di conseguenza può essere rilevato dal naso umano a concentrazioni molto basse.
Dopo la sua scoperta da parte di Buttery la 2-AP è stata ritrovata in un numero elevato di sistemi biologici sia piante che animali (è un feromone per la tigre!! ed è presente nell’urina del binturong), sia batteri che funghi; si trova in numerosi cibi cotti.

Binturong o gatto orsino.
La specie che lo contiene in maggiore quantità è la pianta Pandanus Amaryllifolius (nelle foglie fresche), originaria delle Molucche ed usata per fare cesti che possono essere usati per contenere e cuocere/aromatizzare il cibo ma anche per scacciare gli scarafaggi.
La via biosintetica è complessa ed è riportata qui sotto:

Come potete osservare l’ultima fase è una reazione non enzimatica.
Nel riso in particolare 2-AP non è presente in alta concentrazione, ma è presente a tassi anche decine di volte inferiori rispetto al Pandano fresco; dunque come mai si sente così bene il suo odore in fase di cottura?
La spiegazione risiederebbe nel processo cosiddetto di gelatinizzazione dell’amido del riso; e qua devo per forza cercare di sintetizzare.
L’amido è composto da due polisaccaridi principali, l’amilosio e l’amilopectina, che si presentano in granuli con una struttura cristallina.
Quando i granuli di amido vengono riscaldati in acqua, le molecole di acqua penetrano all’interno dei granuli, rompendo i legami tra le molecole di amido, causandone il rigonfiamento.
Il rigonfiamento porta alla perdita della struttura cristallina e alla formazione di una massa gelatinosa, dove l’amilosio e l’amilopectina formano legami con le molecole d’acqua.
La gelatinizzazione è un passaggio chiave nella cottura degli alimenti che contengono amido, come pasta, riso, patate e farine, e nella preparazione di prodotti da forno.
Al momento della gelatinizzazione tutti i composti contenuti nella massa e volatili vengono rilasciati; fra di essi si trova la 2-AP in quantità tale da essere recepito dai nostri sensi; questo spiega perché ce la troviamo letteralmente dentro al naso quando cuciniamo il riso nero (ma anche il basmati o altri risi aromatici che sono chiari). Nel caso del pop-corn la concentrazione originale è ancora più bassa, poche decine di microgrammi/kg, ma la temperatura di trattamento più alta.
Dunque così spieghiamo anche perché lo sentiamo nonostante sia presente in piccola quantità nel cibo originale.
In chiusura devo aggiungere una ulteriore strada di formazione della 2-AP legata alla cottura come tale.
È stato dimostrato che la 2-acetil-1-pirrolina si forma anche nella reazione di Maillard (le reazioni della cottura del cibo che portano al suo imbrunimento); può formarsi dalla reazione tra prolina (un amminoacido) e cosiddetti zuccheri riducenti/prodotti di degradazione degli zuccheri al riscaldamento
Ricordiamo infine che sebbene vi sia un elevato interesse commerciale per il 2-AP a causa dei suoi desiderabili attributi sensoriali, l’instabilità di questo composto (non è un composto aromatico e dunque non è stabilizzato dall’aromaticità) è un problema significativo per la sua applicazione commerciale. Il 2-AP puro diventa rosso e si degrada entro 10 minuti a temperatura ambiente e si verifica una significativa riduzione a breve termine della concentrazione di 2-AP nei prodotti alimentari, come i popcorn e il riso profumato crudo (quindi se volete sentire la sua presenza non aspettate che il riso raffreddi).
Consultati
https://scijournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jsfa.7875 racconta la storia della 2-acetil-1-pirrolina
https://www.georgofili.info/contenuti/profumo-di-riso/4064
https://it.wikipedia.org/wiki/Pirrolina
https://en.wikipedia.org/wiki/2-Acetyl-1-pyrroline
Non ho potuto consultare il lavoro originale del 1982 Buttery RG, Ling LC and Juliano BO, 2-acetyl-1-pyrroline: An important aroma component of cooked rice. Chem Ind (London UK) 12:958–959 (1982) che mi è risultato citatissimo ma introvabile ed è ad esso che risale la scoperta del ruolo aromatico della 2-AP.
*Una nota finale per i non chimici; l’aromaticità NON è l’aroma ma l’esistenza di doppi-legami coniugati ossia alternati con legami singoli in un composto ad anello planare.
Situazione PFAS.
Claudio Della Volpe e Luigi Campanella
Facciamo il punto sulla situazione PFAS.
Anzitutto quanti composti organo-fluorurati esistono in natura?
Poco più di venti.
Invece gli uomini ne hanno sintetizzato oltre 20 milioni, dei quali oltre 7 sono definibili come PFAS a norma della definizione proposta dall’OECD nel 2023.
The Chemical Definition of PFASs according to OECD
PFASs are defined as fluorinated substances that contain at least one fully fluorinated methyl or methylene carbon atom (without any H/Cl/Br/I atom attached to it), i.e., with a few noted exceptions, any chemical with at least a perfluorinated methyl group (−CF3) or a perfluorinated methylene group (−CF2−) is a PFAS.
(traduzione: Definizione chimica dei PFAS secondo l’OCSE
I PFAS sono definiti come sostanze fluorurate che contengono almeno un atomo di carbonio metilico o metilenico completamente fluorurato (senza alcun atomo di H/Cl/Br/I attaccato ad esso), vale a dire, con alcune eccezioni, qualsiasi sostanza chimica con almeno un gruppo metilico perfluorurato (-CF3) o un gruppo metilenico perfluorurato (-CF2-) è un PFAS.
Al 1° luglio 2025, PubChem conteneva 119 milioni di composti chimici unici, di cui oltre 20milioni fluorurati e oltre 7 milioni rispondevano alla definizione OECD di PFAS.
Uno potrebbe chiedersi come mai questa abissale differenza fra la Natura e l’uomo?
La letteratura scientifica dà una risposta possibile, chiedendosi se questo numero così basso abbia una giustificazione chimica e rispondendosi di si.
E’ vero che il legame C-F è il legame organico singolo più forte, ma c’è una fortissima barriera di potenziale per la reazione di formazione del legame e dunque tale legame è poco favorito in qualunque catena reattiva. In un lavoro dedicato all’abbondanza presunta universale di tale legame gli autori scrivono:
Di conseguenza, il bilancio evolutivo complessivo costi-benefici dell’incorporazione del legame C-F nel repertorio chimico della vita non è favorevole. Noi sosteniamo che le limitazioni della chimica organo-fluorurata sono probabilmente universali, in quanto non si applicano esclusivamente a specifiche della biochimica terrestre. I legami C-F, quindi, saranno rari nella vita oltre la Terra, indipendentemente dalla sua composizione chimica
Queste le ragioni della scienza.
Ma quelle della chimica industriale dominante e del profitto a breve termine basato su una concezione privatistica delle cose, della Natura, della vita e di tutto sono diversi.
La scelta di introdurre anche il solo gruppo -CF3 o -CF2 ha vantaggi immediati notevoli poiché riduce il catabolismo e rinforza e prolunga la durata di azione delle molecole. Il gruppo CF3 è particolarmente idrofobico e stabile.

Abbondanze elementari tra i prodotti naturali (NP). Sono indicati il numero di prodotti naturali nel nostro database contenenti un determinato elemento e la percentuale. I composti contenenti gli atomi alogeni Cl- e Br sono quasi altrettanto comuni dei composti contenenti S tra i prodotti naturali. Al contrario degli alogeni Cl, Br e persino I, i composti naturali contenenti F sono gravemente sottorappresentati nel repertorio chimico della vita sulla Terra. La compilazione della figura mostra solo gli elementi che possono formare legami covalenti stabili in acqua. La compilazione esclude dall’analisi i metalli di transizione. (figura estratta dal lavoro sulla rarità dei composti fluorurati)
Esistono molte comuni molecole che sotto forma di farmaco, per esempio, sono però PFAS a tutti gli effetti. Ve ne facciamo una breve lista:
il prozac, Fluoxetina
il fluorochinolone, un antibiotico
il flurbiprofene, un comune FANS (antiinfiammatori non-steroidei)
la trifluridina/tipiracil (Lonsurf), un recente antitumorale
Desflurano, Sevoflurano, Isoflurano. tre anestetici inalatori
la Cilnidipina, un calcioantagonista usato come anti-ipertensivo.
Nel caso dei farmaci si potrebbe obiettare che molti di essi sono salvavita; e questo può essere; ma il criterio con cui i nuovi farmaci sono messi sul mercato indebolisce questo ragionamento; come racconta nel suo bel libro (Farmaci. Luci ed ombre) Silvio Garattini la logica del mercato farmaceutico NON è immettere nuovi farmaci SOLO se sono migliori degli esistenti, ma immettere nuovi farmaci se funzionano, consentendo a chi li inventa di godere del beneficio del brevetto e, tramite investimenti di vario tipo, spingerne il consumo. Ne segue che non sappiamo se quei farmaci che abbiamo elencato sono veramente il meglio dei loro settori; alcuni di essi sono importanti di sicuro (sul fluorochinolone ci abbiamo scritto un recente post); ma spesso potrebbero essere sostituiti senza colpo ferire.
Con il vantaggio di non immettere in natura molecole estremamente resistenti alla distruzione e che si accumulano nell’ambiente con effetti imprevedibili su di noi o su altre specie viventi (per esempio si vedano gli effetti ambientali della fluoxetina).
La questione tuttavia ha solo un aspetto etico perché al momento i farmaci (e i fitofarmaci), seppur PFAS ai sensi della definizione, non sono oggetto di restrizione (e quindi di discussione al momento in ECHA) perché hanno un iter autorizzativo autonomo.
Ancora peggiori sono le strategie di scelta delle nuove molecole nel caso di una molecola o un materiale usato in altri settori non della salute, come avviene nella maggior parte dei casi documentati di inquinamento, che ormai comprendono perfino l’acqua potabile.
A partire da questa strategia “privata” chiusa sul proprio ombelico, si è ormai stabilita una frattura all’interno dello stesso mondo scientifico.
Da una parte c’è chi vorrebbe che IUPAC desse una definizione propria di PFAS, dall’altra dato che quella esistente è già stata analizzata in ambito scientifico c’è un nutrito gruppo di colleghi che teme che questo sia solo una sorta di sotterfugio per aprire la strada a una situazione meno gestibile, meno chiara.
Dunque negli ultimi mesi abbiamo avuto prima una attività IUPAC a dicembre 2024 un congresso organizzato dal collega Metrangolo di Polimi denominato “1st IUPAC Workshop on PFAS Terminology“; e dall’altra la recente pubblicazione di un articolo firmato da ben 13 colleghi esperti del settore provenienti da tutto il mondo, che tramite la rivista dell’ACS Environmental Science & Technology Letters hanno rivolto un appello a NON cambiare le regole di denominazione, temendo appunto che qualunque cambiamento possa essere il prodromo di una situazione poco gestibile in questo delicato momento in cui a livello internazionale si discute di una strategia per far fronte ai pericoli ormai conclamati e riconosciuti da varie magistrature (i responsabili dell’inquinamento veneto di PFAS sono stati condannati in 1° grado pochi giorni fa) dell’uso disinvolto e pluridecennale di questi composti contro i quali non esistono a tuttoggi strategie di ricerca e di eliminazione completamente efficaci e ben fondate.

Per l’Italia ha partecipato al lavoro in qualità di autrice una delle personalità scientifiche più complete su questa vicenda, la collega Sara Maria Valsecchi dell’IRSA-CNR di Brugherio.
Riportiamo alcuni brani del lavoro.
I sottoscritti sono scienziati esperti in sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) e/o nella gestione delle sostanze chimiche. Affermiamo che la definizione di PFAS dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) è scientificamente fondata, inequivocabile e adatta a identificare queste sostanze chimiche. Siamo preoccupati che alcuni individui e organizzazioni stiano cercando di ridefinire i PFAS approvati dall’Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC) per escludere alcuni sottogruppi chimici fluorurati dall’ambito della definizione esistente. Siamo preoccupati che questo sforzo sia politicamente e/o economicamente motivato, piuttosto che scientificamente. Una definizione di PFAS approvata dalla IUPAC e potenzialmente più ristretta potrebbe conferire un’indebita legittimità all’approvazione da parte di un’organizzazione scientifica globale riconosciuta e, in tal modo, influenzare gli organismi di regolamentazione e altri ad adottare politiche meno protettive.
…..
I PFAS sono definiti come sostanze fluorurate che contengono almeno un atomo di metile o di carbonio di metilene completamente fluorurato (senza alcun atomo di H/Cl/Br/I attaccato ad esso), vale a dire, con poche eccezioni note, qualsiasi sostanza chimica con almeno un gruppo metilico perfluorurato (-CF 3 ) o un gruppo metilenico perfluorurato (-CF 2 -) è un PFAS.
La definizione dell’OCSE è stata sviluppata per rispondere alle preoccupazioni secondo cui alcune sostanze contenenti frazioni completamente fluorurate erano escluse da una precedente definizione di PFAS sviluppata da Buck et al. (2) Tali sostanze comprendevano, ad esempio, gli acidi perfluoroalchildicarbossilici con gruppi acidi su ciascuna estremità della catena del carbonio perfluorurato e le sostanze con anelli aromatici e frazioni perfluoroalchiliche. La definizione dell’OCSE ha colmato questa lacuna ed è chimicamente inequivocabile e adatta per classificare le sostanze chimiche come PFAS.
…..
Gli organismi governativi e intergovernativi, nonché le altre parti interessate, dovrebbero continuare a utilizzare la definizione chimica univoca ed efficace di PFAS fornita dall’OCSE per identificare i PFAS. Si tratta di una questione separata su ciò che è e non è incluso dalle giurisdizioni per specifici scopi normativi o di elaborazione delle politiche, come raccomandato anche dall’OCSE. (1) Ad esempio, sebbene entrambi si basino sulla definizione dell’OCSE, l’attuale approccio canadese basato sui PFAS di gruppo (4) esclude i fluoropolimeri nella sua azione attuale, mentre la proposta di restrizione dei PFAS basata sui gruppi nell’UE include deroghe limitate nel tempo, ad esempio per gli usi nei prodotti medici, ed esclusioni del piccolo sottogruppo dei PFAS completamente mineralizzabili. (5) Analogamente, i pesticidi, i prodotti farmaceutici e i gas fluorurati sono stati regolamentati o gestiti separatamente dagli altri PFAS in molte giurisdizioni. Ciò non li esonera dal soddisfare la definizione chimica di PFAS.
……
L’introduzione di una definizione alternativa o concorrente di PFAS per l’identificazione generale dei PFAS che includa considerazioni che vadano oltre la struttura chimica è preoccupante. Può essere utilizzato da alcune parti con interessi acquisiti per influenzare le normative e, quindi, quali PFAS possono essere utilizzati, emessi e presenti nei prodotti e negli ambienti. Causerà inoltre una sostanziale ambiguità e confusione nelle discussioni internazionali e potrebbe portare a incongruenze giurisdizionali e contraddizioni non necessarie nelle normative e nell’azione in materia di PFAS. Ciò contrasterà l’auspicata armonizzazione tra le giurisdizioni che andrebbe a vantaggio di coloro che regolano, producono e/o utilizzano PFAS, nonché dell’esposizione umana e ambientale. Inoltre, poiché i metodi per monitorare la conformità e l’applicazione sono adattati alle normative, le modifiche alla definizione rallenteranno la continua standardizzazione dei metodi. ….
Riteniamo pertanto che la definizione univoca dell’OCSE debba costituire la base generale per una regolamentazione armonizzata. I responsabili politici possono prevedere esenzioni giustificate per scopi specifici senza modificare la definizione generale di ciò che costituisce un PFAS. Non ci sono prove che indichino che la definizione dell’OCSE sia errata o problematica e, quindi, non c’è bisogno di una nuova definizione di PFAS.
(i corsivi sono nostri)
Consultati:
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0022113999002018 lavoro datato ma citatissimo sui composti naturali contenenti fluoro
https://www.nature.com/articles/s41598-024-66265-w le ragioni della rarità dei composti fluorurati sulla Terra e altrove
https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.estlett.5c00478 il lavoro di Sara Valsecchi ed altri che chiede di non cambiare le regole di denominazione
https://www.isde.it/wp-content/uploads/2019/05/2019.04.09-Position-Paper-PFAS.pdf position paper ISDE sui PFAS; avremmo potuto farne uno anche noi come SCI, ma nonostante gli sforzi non ci siamo riusciti, peccato.
Crystal phase engineering and surface reconstruction in Co–Mn phosphides: unraveling the mechanisms of high-performance water oxidation catalysis
DOI: 10.1039/D5GC01937K, PaperTingting Tang, Yanfang Teng, Kuoteng Sun, Yanhan Liu, Zhendong Gao, Tayirjan Taylor Isimjan, Jingya Guo, Jianniao Tian, Xiulin Yang
A high-performance OER catalyst of MnP–Co3(PO4)2/NF was designed via controlled annealing/phosphating, achieving low-to-high crystalline phase transformation. The optimized catalyst shows 306 mV overpotential at 100 mA cm−2 and 230 h stability.
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A mesoporous TiO2/carbon dot heterojunction photocatalyst efficiently cleaves entire types of C–O bonds in lignin under visible light
DOI: 10.1039/D5GC01918D, PaperSong Han, Yun Zhao, Mina Liang, Xiangxiong Zhai, Qi Zhang, Na Sun, Rong Ma, Guoling Li, Zhubing Xiao, Zhonghai Ni
The progress of photocatalytic biomass depolymerization under mild conditions for the production of high-value chemicals has great potential.
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Dual functionalization of mesoporous organosilicon nanoflowers enhances heterogeneous chemoenzymatic conversion of alkynes toward enantiopure alcohols
DOI: 10.1039/D5GC02373D, PaperChen Huang, Qian Zhang, Xiaoyang Yue, Aidang Lu, Guanhua Liu, Ying He, Li Ma, Liya Zhou, Yunting Liu, Yanjun Jiang
Two heterogeneous dual-functionalized mesoporous organosilicon nanoflower based chemo- and biocatalysts have been fabricated individually for the chemoenzymatic synthesis of chiral alcohols from alkynes.
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Semi-overexpressed OsMYB86L2 specifically enhances cellulose biosynthesis to maximize bioethanol productivity by cascading lignocellulose depolymerization via integrated rapid-physical and recyclable-chemical processes
DOI: 10.1039/D5GC00658A, PaperHailang Wang, Sufang Li, Leiming Wu, Weihua Zou, Mingliang Zhang, Youmei Wang, Zhengyi Lv, Peng Chen, Peng Liu, Yujing Yang, Liangcai Peng, Yanting Wang
Genetic engineering of plant cell walls has been implemented in bioenergy crops, but the tradeoff between biomass production and lignocellulose recalcitrance remains to be resolved.
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Influence of hemicellulose and lignin on the effect of drying of cellulose and the subsequent enzymatic hydrolysis
DOI: 10.1039/D5GC02029H, Paper


Retention of hemicellulose and lignin mitigates drying-induced pore collapse, but lignin hinders enzymatic hydrolysis. Balancing their protective effects during drying with their impact on cellulose accessibility is essential.
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Two-step hybrid photo-thermochemical looping process, using metallic clusters on metal oxide carriers, for very efficient green hydrogen production
DOI: 10.1039/D5GC01425E, Paper


Looping process to generate with thermal energy & sun light VO in CeO2 (or Ce0.5Zr0.5O4), and O2 in vacuum/inert gas or H2O from H2 or CO from CH4 in the first step, and 100% pure H2 in the second step from water.
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Integrating in-vial thin film microextraction using polysiloxane-based adhesive tapes with low-temperature plasma ionization mass spectrometry: A solvent-free approach for determining cocaine and methamphetamine in saliva samples
DOI: 10.1039/D5GC02488A, PaperCarlos Calero-Cañuelo, Rafael Lucena, Soledad Cárdenas
A novel in-vial microextraction technique based on thermal resistant adhesive tapes is presented and its direct coupling to SICRIT-MS is evaluated.
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MOF-derived Bi@NC electrocatalysts with heteroatomic engineering for high-efficiency CO2-to-formate conversion
DOI: 10.1039/D5GC01683E, PaperJingxuan Song, Yuexian Du, Lu Liu, Kunfan Dong, Ziyu Deng, Yanghe Fu, Yijing Gao, Fumin Zhang, Fa Yang, Weidong Zhu, Maohong Fan
A cost-effective N-doped C-supported Bi nanoparticle (Bi@NC) catalyst, derived from controlled pyrolysis of a Bi-MOF with tunable dicyandiamide incorporation, exhibits exceptional CO2-to-HCOOH conversion with 96% faradaic efficiency.
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Selective and efficient cleavage of Cα–Cβ bonds in lignin models and native lignin using an S-scheme CeO2/g-C3N4 heterojunction photocatalyst
DOI: 10.1039/D5GC02601F, PaperYin Ai, Yuzhen Zhao, Xiaoqin Huang, Xutang Liu, Siqi Kuang, Haichang Ding, Yuling Zeng, Hongliang Liu, Gang Liu
The selective photocatalytic breaking of Cα–Cβ bonds holds significant promise in converting lignin biomass into value-added aromatic chemicals.
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Exploring 5-hydroxymethylfurfural hydrogenation pathways using NHC-stabilized water-soluble nanoparticles of various metals and alloys
DOI: 10.1039/D5GC01961C, PaperOscar Suárez-Riaño, Jaime Mazarío, Gabriel Mencia, Víctor Varela-Izquierdo, Nicolas Ratel-Ramond, Antonio Martín-Pinillos, Edwin A. Baquero, Luis M. Martínez-Prieto, Simon Tricard, Bruno Chaudret
Colloidal NHC-stabilized nanoparticles unlock selective hydrogenation of 5-HMF to diverse products in water under mild conditions.
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In situ capture and value-added utilization of CO2 from flue gas using an ionic liquid polymer supported Zn catalyst
DOI: 10.1039/D5GC02324F, PaperHongyan Ni, Kang Zhao, Shujuan Liu, Xingchao Dai, Ce Liu, Xionghou Gao, Junyi Zhang, Honghai Liu, Kuo-Wei Huang, Xinjiang Cui, Feng Shi
We rationally designed and synthesized a hierarchical porous organic polymer Zn@PIP-1 (Zn@2P2Br&p-3vPPh3) and applied it for the synthesis of cyclic carbonates directly from CO2 in flue gases under mild conditions without any additives.
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